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"Mettere in ordine il pianoforte, prepararlo per un programma che sarà eseguito quella sera è la prima forma di rispetto per il pianista che ci mette la faccia ed è l'unico che rischia di essere criticato"

 

Aldo, vorrei ringraziarla subito per la possibilità di fare questa intervista. Le dico sinceramente che aspettavo questo momento da qualche anno perché provo un grande interesse per quello che lei fa, ovvero l'accordatore.

Non è un segreto che sono appassionata di musica classica e soprattutto di tutto ciò che riguarda il pianoforte. Per me i pianisti sono una categoria speciale tra i musicisti. Sono quelli che ammiro di più, anche perché considero il pianoforte al primo posto tra tutti gli strumenti musicali.

Il successo di un concerto dipende da tante cose. La maggior parte della gente pensa che sia il risultato solo della bravura del pianista. Invece pochi sanno che il successo dipende molto anche dallo strumento. Il pianista non porta con sè il suo strumento se non è un Arturo Benedetti Michelangeli, e ogni volta deve abituarsi ad uno strumento nuovo. I concerti vengono fatti in città piccole e grandi e non sempre il musicista ha uno strumento buono, ma il concerto deve essere fatto lo stesso e al massimo. Eppure, quando parliamo di successo, quasi nessuno ricorda quella persona che rimane sempre in ombra ma dalla cui bravura e preparazione dipende se il pianista avrà uno strumento che gli permetta di regalare al pubblico una serata indimenticabile. Questa persona importantissima è appunto l'accordatore.

 

Sono davvero felice presentarvi Aldo Santarpino. Spero che la nostra conversazione permetta al pubblico di conoscere tante cose nuove del pianoforte. E forse anche altri pianisti possono avere risposte a domande che potranno essere utili nel loro mestiere.

 

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Marina: Aldo, lei fa un mestiere raro e poco conosciuto dalla gente. Il pubblico ascolta il pianista e lo applaudisce, ma praticamente nessuno pensa che il successo di una esibizione sia anche il frutto del lavoro di un accordatore che prepara lo strumento per il concerto. L'accordatore è una persona che rimane sempre in ombra ma che veramente importante per ogni pianista.

Com'è che ha scelto proprio questo mestiere? E perché? Com'è stato il suo percorso professionale?

Aldo: Da piccolo, all'età di 11 anni ho scoperto una grande passione per la meccanica in genere. Già studiavo il pianoforte privatamente. Aiutato molto dall'orecchio assoluto naturale non ho mai avuto problemi a ritrovare strutture armoniche che ascoltavo dalla radio o dai dischi. Ho avuto la grande passione oltre per la musica classica al jazz e alla musica leggera americana. Nel 1981 ho aperto un negozio di pianoforti e si è creata subito l'esigenza del servizio tecnico. Nel 1983 mi sono trasferito a Pescara, in Abruzzo, presso la ditta Fabbrini, la più importante del mondo nell'ambito del grande concertismo.

M: La ditta Fabbrini è stata fondata da un leggendario tecnico Angelo Fabbrini che per molti anni ha preparato e curato i pianoforti del grande Arturo Benedetti Michelangeli. È anche uno dei più grandi rappresentanti mondiali della marca Steinway. Quanti anni ha studiato e lavorato da Fabbrini?

A: In quel periodo vivevo a Pescara e sono rimasto con Fabbrini per 5 anni. Ho conosciuto anche il maestro Michelangeli.

M: Allora non posso non chiederle quali impressioni ha avuto avendo la possiblità conoscere di persona questo grande musicista?

A: Quando ho conosciuto il maestro Michelangeli ero solo quindicenne, lavoravo già da Fabbrini. Proprio in negozio a Pescara ho conosciuto il maestro. È rimasto tre giorni a studiare e scegliere un pianoforte per i concerti, alla fine hanno smontato la martelliera da un piano e sono andati in Svizzera per provarla su un altro piano. Persona particolare, introversa con gli altri, riservato in ogni cosa, quando era davanti al pianoforte molto critico con se stesso e gli altri, lontano dalla tastiera un uomo particolare, curioso, penso anche molto generoso ma non amava stare con persone che non conosceva bene, aveva sempre il timore che ci fosse magari un giornalista per carpire qualcosa della sua intimità, venne accompagnato da due segretarie che provvedevano ad ogni cosa chiedesse. II suo approccio con la tastiera era particolare: era sempre molto vicino al tasto e anche quando suonava forte o fortissimo era poca la distanza dalla tastiera, aveva quando voleva un grande peso anche da vicino, senza alzare molto le mani diceva che era molto più preciso suonare così. Infatti era difficile sentire grosse imperfezioni nelle sue esecuzioni. Per problemi con il fisco italiano aveva preferito vivere in Svizzera, un gran peccato per l'Italia intera di dover allontanare un grande artista come il maestro.

M: Aldo, il Suo mestiere in Italia viene insegnato da qualche parte?

A: In italia non ci sono scuole per imparare questo lavoro oltre ad una associazione dove si possono ricevere una serie di informazioni molto superficiali. La scelta e la possibilità di andare da Fabbrini è stata per me una grande fortuna.

M: Quali qualità deve avere un accordatore per fare questo lavoro?

A: Un bravo accordatore a mio parere deve conoscere la musica non solo classica ma anche altri generi ma soprattutto deve avere un grande rispetto per il pianista che in un'ora mette a disposizione di tutti milioni di ore di studio fatte in solitudine, da solo in una stanza con il pianoforte. Mettere in ordine il pianoforte, prepararlo per un programma che sarà eseguito quella sera è la prima forma di rispetto per il pianista che ci mette la faccia ed è l'unico che rischia di essere criticato.

M: Lei lavora solo con i pianoforti oppure anche con altri strumenti?

A: La mia dedizione è al solo pianoforte e non ad altri strumenti, ci vorrebbero competenze diverse. Dopo i primi 5 anni da Fabbrini sono stato in Austria e Germania per seguire i corsi di costruzione presso la Bosendorfer, la Bechstein e la Steinway. Attualmente faccio da supporto a Yamaha per scelte molto professionali su gran coda per la preparazione da concerto.

M: Il processo di accordatura di uno strumento musicale si fa sempre alla presenza e con la partecipazione del pianista che lo suonerà?

A: L’accordatura e la preparazione del piano si inizia già nel nostro laboratorio dove si cerca di portare il suono e la meccanica più vicino possibile al programma e al pianista, molte le diversità tra i pianisti, scuole diverse, peso, statura, posizione sulla panca, alta o bassa e altre ancora, la finitura del lavoro è sempre con il musicista che ha l'ultima parola sul risultato, poi ci sono tante regolazioni molto personali, dal pedale del piano al tipo di intonazione, cioè il timbro da dare allo strumento.

M: I pianoforti per i concerti vengono forniti dai rivenditori/tecnici che collaborano con il pianista o con quelli che lavorano insieme con la sala da concerto? Puó raccontare gentilmente come funziona questo sistema e cosa c'è dietro a tutto questo? Credo che la maggior parte del pubblico pensi che "l'accordatore" è semplicemente una persona che va in sala dove l'aspetta un pianoforte del posto e fa giusto qualche controllo dello strumento. Invece il Suo ruolo in questo processo è molto piú importante e complesso, se non fondamentale.

A: Io ho i miei pianoforti che utilizzo per il noleggio da concerto. Per questo motivo riesco a preparare prima il piano. Lavoro anche con quelli di Fabbrini e loro fanno la stessa cosa: preparano già prima di spedire il pianoforte in base al pianista e programma.

Poi alcuni teatri hanno il loro pianoforte in sede e cercano di proporre quello. Quando arrivano grandi pianisti, invece sono loro che indicano la ditta che deve fornire il piano, perché hanno già suonato con alcuni strumenti e si sono segnati il numero di matricola. Io normalmente lavoro nelle sale dove porto il mio pianoforte e per questo riesco anche prima di portarlo a fare una gran parte del lavoro di preparazione. Pochi sono i pianisti che girano con i loro strumenti, normalmente scelgono due o tre pianoforti che vanno nel tour, Pollini è tra questi e anche Schiff. Non rischiano mai di trovarsi difronte un piano che non conoscono. Di solito i tour manager dei pianisti indicano ai teatri cosa richiedere in noleggio e quale strumento, questo perché il pianista conosce lo strumento. A volte per fare un concerto si utilizzano anche due piani, scambiati tra la prima e la seconda parte. Ho assistito per la 109-110-111 di Beethoven con Andras Schiff l'utilizzo di due strumenti. Con Pollini sono sempre tre piani, a volte anche di più, dipende dall'acustica del teatro e da altri fattori. Il secondo strumento a volte viene posizionato dietro al fondale con il pedale di destra abbassato per lasciare libere le corde di suonare per simpatia, si può così arricchire tutta la piattaforma armonica di quello che accade sul tavolato del palcoscenico. A volte si sceglie il piano più sonoro perché il fondale non è fonoriflettente, assorbe troppo e quindi oltre al piano più sonoro si cerca una posizione ottimale più vicino al boccascena lato pubblico ma che comunque deve avere un ritorno del suono per il pianista. Noi tecnici diciamo "il suono che gira" sul palco. È un effetto tipo monitor, serve al pianista per potersi sentire, se no tutto quello che suona va in sala senza controllo, questo è pericoloso per chi esegue.

M: Lei di solito è presente al concerto e solo in alcuni casi la sua presenza è necessaria?

A: La presenza nel concerto è fondamentale. Tra la prima e seconda parte è possibile intervenire se è necessario su qualche nota magari mossa nell'unisono, chiaramente sono presente sempre ma nell'ambito di grandi concerti.

M: Lei conosce musicisti capaci di accordare da soli lo strumento per i loro concerti, senza chiedere l’aiuto di un accordatore? A parte il grande pianista russo Grigory Sokolov, lo fa ancora qualcuno?

A: Ci sono pianisti come Krystian Zimmerman o altri che hanno grandi competenze sulla meccanica e intonazione ma di solito non capaci di accordare il piano, il tecnico accordatore è indispensabile sempre.

M: In Italia, al Conservatorio insegnano i meccanismi del pianoforte a coda e il loro funzionamento ai futuri pianisti? Immagino che per un musicista non sarebbe male avere queste conoscenze. Che ne pensa?

A: In conservatorio normalmente si insegna la storia del pianoforte ma non oltre. Tengo dei corsi in accademie e conservatori dove spiego la meccanica del pianoforte i pianisti lavorano sotto la mia guida sulla regolazione e anche sulla intonazione e regolazione dei pedali, lavorando si rendono conto che ogni cosa che fanno cambia al tocco lo strumento. Conoscere la meccanica significa saper sfruttare meglio ogni possibilità che il piano mette a disposizione.

M: Può darsi che esistano anche manuali che spiegano com’è fatto lo strumento. Quali guide pratiche lei potrebbe consigliare sia ai principianti sia ai pianisti che danno già dei concerti?

A: Ci sono dei manuali che indicano le misure standard della regolazione ma il saperlo fare è tutt'altra cosa. Inoltre dà la possibilità al pianista di capire subito in che condizioni è lo strumento. Serve soprattutto a cambiare i bis: se la meccanica non è in ordine è inutile fare uno studio super veloce ma meglio un notturno.

M: La collaborazione con quali pianisti o altri musicisti è stata memorabile per lei, e per quale motivo?

A: Molti i pianisti con cui lavoro, da Martha Argerich a Chick Corea. Tutti hanno delle esigenze personali e tutti hanno caratteristiche diverse.

M: Lo so che tra i musicisti con cui collabora lei ci sono anche Grigory Sokolov, Maurizio Pollini, Andras Schiff, Stefano Bollani e Roberto Giordano. Ed è il fornitore esclusivo del famoso Ravello Festival.

A: Una curiosità nel concertismo, molti anni fa ebbi modo di sentire un cd demo di un giovane jazzista. Mi piacque molto. Era Stefano Bollani. Un ristorante di Salerno mi chiese un piano a mezza coda per un noleggio. Suonava Bollani qualche sera dopo. Portai invece un piano gran coda e quando arrivò Bollani rimase molto sorpreso del pianoforte così importante e mi disse: "Ma io non ho mai suonato con il gran coda". Era il primo concerto ancora da sconosciuto che faceva su un piano così importante. Siamo da allora rimasti molto amici e ancora oggi ci ritroviamo spesso in palcoscenico.

M: Quali sono state le richieste più particolari che le sono state poste riguardo all'accordatura dello strumento?

A: Ricordo un pianista francese che mi chiese di regolare lo smorzo che chiudesse a pioggia, dal tasto 69 al n1 con effetto a ghigliottina lasciando libere le singole del basso per sfruttare l'armonica della decima quando il feltro non chiude completamente la corda, sono andato ad Amburgo in fabbrica per capire questo è risolvere in palcoscenico in pochi minuti, la prima volta ho rinunciato e mi sono scusato, poi ho risolto e da allora ne è nata una grande amicizia. L'accordatura di per se uno standard a cui bisogna sempre fare riferimento quando si suona in piano solo, cambia tutto quando c'è l'orchestra, la divisione del l'accordatura diventa calante verso il basso e crescente verso l'acuto, gli archi suonano così anche perché non hanno la scala cromatica come il pianoforte.

M: Aldo, quali sono le sue marche di pianoforti preferite come accordatore, come interprete e come ascoltatore?

A: La Steinway resta la grande mamma di tutti i pianoforti ma negli ultimi anni Yamaha è riuscita a fare una grande coda, il nuovo cfx, che non ha da temere la blasonata concorrenza tedesca, in più è uno strumento più versatile e con una meccanica di gran lunga superiore per prestazioni e controllo dinamico.

M: Lei da molti anni collabora con Yamaha. Com’è nata questa collaborazione e perché proprio questo fabbrica di strumenti?

A: Il rapporto con Yamaha nasce molto tempo fa, quando ancora non avevano un piano competitivo, almeno come si presentava, invece lavorandoci il risultato era straordinario,con la nuova serie cfx molte cose sono già nel DNA dello strumento e un bravo tecnico, abituato all'ascolto può fare ancora meglio per migliorare il risultato finale. Oggi molti pianisti lo preferiscono per la versatilità e per la precisione meccanica, ne hanno tutte le ragioni in quanto spesso arrivano in teatro il giorno stesso del concerto e trovare un pianoforte facile è sicuramente un vantaggio. La scelta di un pianoforte resta sempre molto personale, sicuramente Yamaha ha un catalogo molto completo a prezzi accessibili e inoltre la durata nel tempo è ineguagliabile.

M: Che tipo di musica preferisce ascoltare e forse anche suonare? Chi sono i suoi artisti preferiti?

A: Ascolto tutti i tipi di musica, dalla classica alla leggera. Io suono il piano. Ho studiato sia la classica che il jazz ma preferisco suonare il jazz perché mi lascia libero in ogni struttura armonica. Amo la musica leggera americana perché hanno armonie complesse ma di qualità e non amo molto quella italiana in quanto ripetitiva e poco jazzistica.

M: Quali consigli da professionista potrebbe dare ai pianisti che iniziano il loro percorso? Soprattutto riguardo allo strumento?

A: Oggi il lavoro o mestiere di pianista è complicato, molto. Bisogna avere una serie di qualità insieme ad un grande sacrificio per sperare di arrivare a fare qualcosa. Molto dipende dalla formazione, dagli insegnanti che hai, dalle accademie in cui studi. Molte volte tutto dipende dai grandi concorsi e da chi li giudica. Molte volte non sono i migliori a vincere ma altri meccanismi assegnano i premi, bisogna avere pazienza, sicuramente un buon pianoforte a casa aiuta molto. Oggi Yamaha resta il migliore compromesso tra prezzo e qualità ma avere uno Steinway&Sons resta sempre il sogno di tutti i pianisti.

 

sito ufficiale: www.pianofortisantarpino.it
foto e video di Aldo Santarpino

Marina Nikolaeva/Mosca-Lucca, marzo 2017

 
 
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